L’emergenza epidemiologica ha dato un impatto significativo dal punto di vista economico.
I ripetuti lockdown hanno limitato i consumi delle famiglie, indipendentemente dal loro reddito, per cui si è visto un esponenziale aumento del risparmio privato, e paradossalmente i ricchi hanno avuto un incremento della
loro disponibilità economica, mentre i poveri ne hanno avuto una diminuizione.
I redditi da lavoro autonomo sono stati colpiti in maniera esponenziale, con un calo maggiore rispetto a quello riscontrato dal reddito da lavoro dipendente.
Ciò scaturisce dal calo dei consumi a cui le famiglie hanno dovuto adeguarsi, diminuendo così le loro spese, e registrando un aumento del loro risparmio.
Il divario Nord – Sud si è fortemente accentuato, basti solo pensare che il reddito netto delle famiglie meridionali è pari a 2.159 euro al mese, mentre quello delle famiglie del Nord Est e Nord Ovest sono rispettivamente pari a 2.930 euro e 2.887 euro.
La differenza poi, tra regioni del nord e regioni del sud è marcata: considerando il reddito netto medio familiare regionale del si raffronta che le regioni del sud si trovano agli ultimi posti.
Si riduce invece il divario di genere, considerando il sesso del principale percettore di reddito familiare, anche se il reddito medio familiare delle donne del 27,6% continua ad essere molto più basso rispetto a quello degli uomini del 34,4%.
Dalle stime ISTAT, emerge che la spesa media mensile per consumi delle famiglie è pari a 2.328
euro, in calo di 239 euro rispetto al 2019, ed anche qui il divario nord- sud è sorprendente: la spesa media
delle famiglie è: 2.069 euro al Sud contro i 2.801 euro al Nord e i 2.754 euro al Centro.
Il calo dei consumi spinge molte famiglie al di sotto della povertà, anche se cala l’intensità della povertà assoluta. L’incidenza della povertà assoluta ha toccato l’8,6% al Sud nel 2019, una percentuale più bassa rispetto al 2013,
beneficiando del Reddito di Cittadinanza.
Prima del Covid, la povertà relativa era migliorata al Nord, e peggiorata al Sud. Se si considera il periodo tra il 2003 e il 2019 si intuisce che in tema di incidenza della povertà relativa al Sud la situazione è peggiorata notevolmente, mentre al Nord il dato maggiormente preoccupante è quello del Veneto, nel quale l’incidenza della povertà relativa familiare è aumentata di 7,1 punti percentuali.
Il dato che interessa di più è l’aumento della pressione fiscale, il cui maggior peso ricade sulle famiglie.
Nell’ultimo anno, la pressione fiscale è salita di 0,7 punti rispetto al 2019 arrivando al 43,1%, avvicinandosi al livello shock del 2013 che toccò il 43,4%, e fu raggiunto per fronteggiare la crisi del debito sovrano.
Facendo una struttura analitica della pressione fiscale generale e di quella delle famiglie emerge che le componenti principali sono le imposte dirette, indirette, in conto capitale e i contributi sociali.
Nel 2020, le entrate fiscali complessive a carico delle famiglie sono pari a 312,3 miliardi rispetto ai 711,1 delle
entrate fiscali generali.
La quota principale è rappresentata dalle imposte dirette, mentre la quota a carico delle famiglie è pari al 18,9%. In particolare, al centro dello shock fiscale sulle famiglie ci sono Irpef ed Imu, poiché lo shock residuo nel 2020 è concentrato prevalentemente sull’Irpef e sull’Imu, che realizzano insieme uno shock residuo di 1,68 punti.
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