L’identikit del Curatore Fallimentare

L’identikit del Curatore Fallimentare alla luce del nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza

INTRODUZIONE

 L’IDENTIKIT DEL CURATORE ALLA LUCE DEL NUOVO CODICE DELLA CRISI D’IMPRESA E DELL’INSOLVENZA

INTRODUZIONE



Questo scritto vuole rappresentare una prima analisi della figura del curatore, così come delineata nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, focalizzando l’attenzione sulla peculiarità del suo ruolo e sulla forza propulsiva che lo stesso imprime alla nuova liquidazione giudiziale; mettendo in risalto alcuni aspetti controversi della riforma, il mutato contesto nel quale gli organi si trovano ad agire, nonché il diverso assetto di competenze voluto dal legislatore, che di fatto attribuiscono al curatore maggiore autonomia operativa.

Come noto, il curatore assume un ruolo di primo rilievo in ragione delle finalità che deve perseguire attraverso l’esercizio delle sue funzioni, attesa la sua qualità di pubblico ufficiale, che rende ancora più delicata la sua attività gestoria intesa, oltre che come mera liquidazione del patrimonio già esistente del debitore, anche come generale condotta volta ad individuare ed ottenere ogni vantaggio economico finalizzato ad aumentare i valori dell’attivo per la soddisfazione dei crediti concorsuali, garantendo la massima trasparenza ed efficienza in armonia con il principio di “buon andamento” delle procedure.

La presente disamina, muovendosi dal dato sistematico che emerge dal nuovo Codice della Crisi d’ Impresa e dell’Insolvenza, cercherà di tratteggiare, pur senza pretesa esaustiva, il ruolo del curatore, che comprende una serie di attività foriere di specifiche responsabilità, in virtù del conferimento di poteri quantitativamente consistenti ed è connotato da un alto impegno tecnico-professionale.

Gli oneri connessi all’incarico sono tali da far ritenere il curatore non più mero ausiliario del giudice, bensì “attore principale” della nuova liquidazione giudiziale.

Buona lettura!



CRITERI E PRESUPPOSTI DELLA NOMINA DEL CURATORE (Artt. 49, 125, 356-358 CCII – Artt. 16 e 28 L.F.)

Il Tribunale rimane l’organo deputato alla nomina del curatore nella sentenza che dichiara l’apertura della liquidazione giudiziale (Artt. 49, 125, 356 e 358 CCII).

L’incarico di curatore potrà essere conferito soltanto a coloro che provvederanno ad iscriversi all’Albo Nazionale degli Incaricati della Gestione e del Controllo delle procedure, per i soggetti costituiti anche in forma associata o societaria, destinati a svolgere le funzioni di curatore, commissario giudiziale o liquidatore, nelle procedure previste nel codice della crisi e dell’insolvenza.

L’albo è istituito e aggiornato dal Ministero della Giustizia che esercita anche la vigilanza sull’attività degli iscritti ed indica i requisiti che gli stessi debbono possedere per ottenere e mantenere l’iscrizione; la disciplina delle modalità d’iscrizione è contenuta nel decreto attuativo Min. Giustizia n. 75 del 3.3.2022, che stabilisce anche le modalità di sospensione e cancellazione, l’esercizio del potere di vigilanza da parte del Ministero di giustizia e l’importo del contributo da versare per l’iscrizione e per il suo mantenimento (attualmente fissati rispettivamente in € 150 ed € 50 annui).

I requisiti soggettivi per svolgere le funzioni di curatore, commissario giudiziale o liquidatore nelle procedure della crisi e dell’insolvenza sono elencati dall’articolo 358 del Codice (rubricato, appunto, “requisiti per la nomina agli incarichi nelle procedure”), qui di seguito elencati.


1. gli iscritti agli albi degli avvocati, dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e dei consulenti del lavoro;

2. gli studi professionali associati o società tra professionisti, sempre che i soci delle stesse siano

a loro volta iscritti agli albi o degli avvocati o dei dottori commercialisti e degli esperti contabili o dei consulenti del lavoro. All’atto dell’accettazione dell’incarico, deve essere designata la persona fisica responsabile della procedura;

3. coloro che abbiano svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in società di capitali o società cooperative, dando prova di adeguate capacità imprenditoriali e purché non sia intervenuta nei loro confronti dichiarazione di apertura della procedura di liquidazione giudiziale.


INCOMPATIBILITÀ

È degna di nota la disciplina delle incompatibilità e del conflitto di interessi del curatore, che risulta rafforzata rispetto al testo dell’art. 28 L.F.

Tra i casi impeditivi della nomina la nuova norma contempla, oltre al coniuge del debitore, anche la parte di un’unione civile tra persone dello stesso sesso e il convivente di fatto.

Il comma quinto dell’art. 28 L.F., aggiunto dall’art. 2, co. 1 d.lgs. 18.5.2018, n. 54 a decorrere dal 25.06.2018, è stato ripreso nel terzo comma dell’art. 125 CCII con il richiamo delle disposizioni del codice delle leggi antimafia artt. 35, comma 4-bis, 35.1 e 35.2 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, per cui il curatore, come già oggi, dovrà dichiarare, nell’accettazione, di non essere legato da rapporto di coniugio, unione civile o convivenza di fatto ai sensi della legge 20 maggio 2016, n. 76, parentela entro il terzo grado o affinità entro il secondo grado con magistrati addetti all’ufficio giudiziario che ha conferito l’incarico, né con magistrati, giudicanti o requirenti, del distretto di Corte di appello nel quale ha sede tale ufficio giudiziario, né di avere con tali magistrati un rapporto di assidua frequentazione.

Il co. 4 dell’art. 125 riprendendo il pari comma dell’art. 28 L.F. (aggiunto dall’art. 5, comma 1, lett. b) d.l. 27 giugno 2015, n. 83, convertito dalla l. 6 agosto 2015, n. 132), prevede che i provvedimenti di nomina dei curatori (oltre che dei commissari giudiziali e dei liquidatori giudiziali) confluiscano nel registro nazionale istituito presso il Ministero della Giustizia, nel quale sono annotati anche i provvedimenti di chiusura della liquidazione giudiziale e di omologazione del concordato, nonché l’ammontare dell’attivo e del passivo delle procedure chiuse, per venire incontro ad esigenze di trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni.

La nomina pertanto continuerà ad essere fatta dall’autorità giudiziaria, tenuto conto delle risultanze dei rapporti riepilogativi periodici e finali redatti dai soggetti incaricati (già l’art. 28, comma 4, L.F.. richiama i rapporti riepilogativi previsti dall’art. 33 L.F.), della gestione degli incarichi in corso e delle esigenze di trasparenza e di turnazione nell’assegnazione degli incarichi, valutata l’esperienza richiesta dalla natura e dall’oggetto dell’incarico.

LA PRIMA ISCRIZIONE ALL’ALBO E GLI OBBLIGHI DI FORMAZIONE

La prima iscrizione all’Albo (c.d. primo popolamento) è consentita a quei soggetti rientranti nelle categorie già sopra indicate i quali documentano di essere stati nominati alla data del 16.03.2019 (Data di entrata in vigore dell’articolo 356 del D. Lgs. n. 14/2019), in almeno 2 (prima erano quattro) procedure negli ultimi quattro anni, solo come curatori fallimentari, commissari dei concordati o liquidatori giudiziali nelle procedure concorsuali e sulla cui attività il Ministero della giustizia eserciterà vigilanza.

Il periodo di osservazione per conteggiare il numero delle procedure per le quali si sono assunti incarichi è dal 16.03.2015 al 16.03.2019.

La disposizione precedente che richiedeva l’assolvimento di almeno 4 incarichi è stata fortemente criticata dalle associazioni professionali, in quanto non teneva in considerazione la rilevanza dei singoli incarichi, assimilando così procedure complesse che necessariamente richiedono per la conclusione anni di lavoro a procedure molto semplici o persino a procedure che si chiudono senza l’accertamento del passivo, per la mancanza di attivi da realizzare.

Coloro i quali hanno ottenuto più incarichi o il secondo in procedure successive al 16 marzo 2019 o ad esempio professionisti con incarichi precedenti al 16 marzo 2015, dovranno frequentare i corsi di perfezionamento o tirocini di cui all’art. 4, comma 5, lettere b), c) e d) del “Regolamento recante i requisiti di iscrizione nel registro degli organismi di composizione della crisi da sovraindebitamento” decreto del Ministro della Giustizia 202/2014, ovvero:

ai sensi della lettera b) corsi di perfezionamento della durata di 40 ore il cui ambito sarà crisi dell’impresa e sovraindebitamento, anche del consumatore, organizzati dalle università o dagli ordini professionali degli avvocati, dottori commercialisti, notai, organismi di conciliazione presso le camere di commercio, in convezione pur sempre con le università e basati sugli insegnamenti concernenti i settori disciplinari del diritto civile e commerciale, diritto fallimentare e dell’esecuzione civile, economia aziendale, diritto tributario e previdenziale;

ai sensi della lettera c) un tirocinio di sei mesi presso professionisti esperti in procedure concorsuali ex L.F., paradossalmente non necessariamente iscritti al nuovo albo ed a prescindere dal numero degli incarichi (curatori fallimentari, commissari giudiziali ecc.) e che abbia consentito l’acquisizione di competenze nell’elaborazione e attestazione di accordi e piani omologati di composizione della crisi da sovraindebitamento, di accordi omologati di ristrutturazione dei debiti, di piani di concordato preventivo e di proposte di concordato fallimentare omologati, di verifica dei crediti e di accertamento del passivo, di amministrazione e di liquidazione dei beni;

ai sensi della lettera d) l’acquisizione di uno specifico aggiornamento biennale, di durata complessiva non inferiore a quaranta ore, nell’ambito disciplinare della crisi dell’impresa e di sovraindebitamento, anche del consumatore, acquisito presso ordini professionali degli avvocati, dei commercialisti ed esperti contabili e dei notai ovvero presso un’università pubblica o privata.

Ai fini dell’iscrizione all’albo dei curatori commissari giudiziali e liquidatori non occorre la laurea, il legislatore infatti omette tra i requisiti necessari quanto previsto ai fini dell’iscrizione nel registro degli organismi di composizione della crisi da sovraindebitamento di cui alla lettera a) dell’art. 4, comma 5, decreto del Ministro della giustizia 202/2014 “il possesso di laurea magistrale, o di titolo di studio equipollente, in materie economiche o giuridiche”.

È previsto dunque un obbligo di formazione e di aggiornamento biennale quale condizione per il mantenimento dell’iscrizione all’Albo.

Riassumendo in pratica:

il presupposto generale ordinario richiesto a tutti i soggetti che vorranno iscriversi al nuovo albo ministeriale è quello di avere assolto gli obblighi formativi di cui all’art. 4, c. 5, lett. b), c), d) del dm 202/2014, ovvero 200 ore di formazione specifica predisposta secondo le linee guida generali approvate dalla Scuola superiore della magistratura il 7 novembre 2019;

– Tuttavia, per avvocati, commercialisti e consulenti del lavoro, in quanto soggetti previsti dall’art. 358 CCII, la formazione predetta si riduce ad un corso propedeutico di sole 40 ore.

Per avvocati e commercialisti, che già in precedenza hanno svolto incarichi di curatore fallimentare e commissario o liquidatore giudiziale nelle procedure disciplinate dalla legge fallimentare, questi potranno iscriversi senza corso di formazione se dimostrano di avere ricevuto almeno due incarichi (e non più quattro) nei quattro anni precedenti all’entrata in vigore dell’art. 356 CCII.


REQUISITI DI ONORABILITÀ

Costituisce requisito per l’iscrizione all’albo il possesso di specifici requisiti di onorabilità, elencati nell’art. 356, com. 3, ovvero:

a) non essere interdetti, inabilitati, falliti o aver subito condanna ad una pena che abbia comportato l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o l’incapacità ad esercitare uffici direttivi (articolo 2382 c.c.);

b) non essere sottoposti a misure di prevenzione disposte dall’autorità giudiziaria secondo il codice antimafia (d.lgs. 159/2011);

c) non essere stati condannati con sentenza passata in giudicato, salvi gli effetti della riabilitazione 1) a pena detentiva per uno dei reali previsti dalle norme che disciplinano l’attività bancaria, finanziaria, mobiliare, assicurativa e dalle norme in materia di mercati e valori mobiliari, di strumenti di pagamento; 2) alla reclusione per uno dei delitti previsti dal codice civile in materia di società, di consorzi e di altri enti privati (libro V, tit. XI) e dal Codice della crisi medesimo; 3) alla reclusione per un tempo non inferiore a un anno per un delitto contro la p.a., contro la fede pubblica, contro il patrimonio, contro l’ordine pubblico, contro l’economia pubblica ovvero per un delitto in materia tributaria; 4) alla reclusione per un tempo superiore a due anni per un qualunque delitto non colposo;

d) non aver riportato negli ultimi cinque anni una sanzione disciplinare più grave di quella minima prevista dai singoli ordinamenti professionali.


PROVVEDIMENTO DI NOMINA E AUTORIZZAZIONE PREVENTIVA AL COMPIMENTO DI INDAGINI

Il provvedimento di nomina, come accennato in precedenza, continuerà ad essere contenuto nella sentenza che dichiara aperta la liquidazione giudiziale (artt. 49 e 125), oppure in apposito decreto se la nomina avverrà in sostituzione del precedente curatore (art. 135).

Il contenuto della sentenza di apertura della liquidazione giudiziale (art. 49) appare più ampio di quello dell’art. 16 L.F., posto che, oltre alla nomina, contiene l’autorizzazione per il curatore ad accedere, a titolo gratuito, con le modalità di cui agli artt. 155 quater, 155 quinquies e 155 sexies disp. att. c.p.c., alle banche dati dell’anagrafe tributaria e degli atti sottoposti ad imposta di registro, all’archivio dei rapporti finanziari, ad acquisire l’elenco dei clienti e dei fornitori trasmessi periodicamente al fisco, nonché ad acquisire la documentazione contabile bancaria e finanziaria inerente i rapporti con l’impresa insolvente.

L’accesso da parte del curatore a banche dati diverse da quelle indicate dal citato art. 49 potrà sempre essere effettuato, ma soltanto previa e specifica autorizzazione del giudice delegato (art. 130 com. 2 e 3) e potrà essere a titolo oneroso.

Come si evince dalla lettura dell’articolo in esame, il potere accertativo sancito dall’art. 49 era già integralmente contenuto nell’art. 155 sexies disp. att. c.p.c. in relazione alle procedure concorsuali e, di fatto, costituisce uno strumento da tempo utilizzato dai curatori fallimentari, che però per ogni singolo accesso e/o accertamento da svolgere dovevano ottenere specifica ed espressa autorizzazione del giudice delegato, nonché anticiparne i relativi costi in caso di assenza di fondi, salvo essere rimborsati dall’Erario in caso di liquidazione del compenso ex art. 146 d.p.r. 115/2002.

La reale portata innovativa dell’art. 49 è allora da ravvisarsi nella particolare configurazione dell’autorizzazione la quale – fatta eccezione dell’ipotesi di cui al citato articolo 130 co. 2, 3 – verrà conferita non più in corso di procedura, previa istanza del curatore e specifico provvedimento del giudice delegato, bensì in via generale ed astratta dal collegio del Tribunale, contestualmente all’apertura della liquidazione giudiziale e alla nomina del curatore.

In tal modo sarà facilitata l’attività accertativa del curatore atteso che lo stesso potrà immediatamente accedere alle banche dati della pubblica amministrazione, trasmettendo ai competenti uffici una semplice richiesta con allegata copia della sentenza di apertura della liquidazione giudiziale.

Allo stesso tempo, però, l’autorizzazione preventiva di cui al menzionato art. 49 circoscrive e puntualizza l’attività del curatore, laddove le indagini e gli accertamenti presso le pubbliche amministrazioni, di fatto, non costituiranno più il risultato di una scelta discrezionale e diligente, ma il preciso adempimento di un obbligo imposto ex lege al curatore, le cui indagini dovranno essere svolte a tutto tondo al fine di:

a) garantire la miglior ricostruzione del patrimonio del debitore;

b) elaborare la relazione particolareggiata richiesta dall’art. 130 (già Relazione art. 33 co. 1 L.F.) anche ai fini delle indagini preliminari in sede penale;

c) ricostruire gli elementi e le vicende del passato, potenzialmente strumentali a incardinare azioni di responsabilità penali e civili nei confronti del debitore e/o degli organi amministrativi di controllo delle società insolventi.


ACCETTAZIONE INCARICO

L’art. 126 rubricato “accettazione del curatore” è corrispondente all’art. 29 L.F. nel quale si prevede che: “Il curatore deve, entro i due giorni successivi alla comunicazione della nomina, far pervenire in cancelleria la propria accettazione. Se il curatore non osserva questo obbligo il tribunale, in camera di consiglio, provvede d’urgenza alla nomina di altro curatore.

La comunicazione della nomina giunge alla PEC del professionista nel Registro Generale Degli Indirizzi Elettronici (ReGIndE), che può anche essere differente da quella pubblicata nell’Ordine Professionale di appartenenza.

L’art. 126 (come già l’art. 29 L.F.), prevede l’obbligo per il curatore di comunicare tempestivamente l’accettazione della nomina, sanzionandone l’inottemperanza con la sua sostituzione con altro curatore, con provvedimento d’urgenza del Tribunale.

Una volta intervenuta l’accettazione al curatore vengono comunicate dall’ufficio le credenziali di accesso al domicilio digitale assegnato alla procedura dal Ministero della Giustizia, come dispone l’art. 126 com. 2.

Vigente la legge fallimentare, il curatore provvedeva alle comunicazioni a mezzo PEC – meccanismo introdotto con il D.L. 179/2012, convertito in L. 221/2012, scegliendo e comunicando al Registro delle Imprese l’indirizzo a PEC che avrebbe utilizzato per il fallimento che gli veniva assegnato.

Con la nuova disciplina del CCII, non sarà più così, in quanto sarà il Ministero a scegliere il domicilio digitale sostitutivo della PEC per ciascuna procedura e a trasmetterlo alla Cancelleria dell’Ufficio che ha aperto la procedura di liquidazione giudiziale e questa fornirà al curatore le credenziali per accedere al domicilio assegnato.

CURATORE COME PUBBLICO UFFICIALE

L’art. 127 postula che: “il curatore per quanto attiene all’esercizio delle sue funzioni, è pubblico ufficiale”; la norma conferma pertanto la qualifica di pubblico ufficiale del curatore nell’esercizio delle sue funzioni, riprendendo il testo dell’art. 30 L.F.


GESTIONE DELLA PROCEDURA

L’art. 31 L.F. rubricato “gestione della procedura” è riflesso nell’art. 128 con analoga rubrica.

In altri termini l’art. 128 riproduce quanto alla gestione della procedura i tre commi dell’art. 31 L.F.: netta distinzione di ruolo tra i vari organi della procedura, assegnando al solo curatore l’amministrazione del patrimonio compreso nella liquidazione, sotto la sorveglianza del giudice delegato e del comitato dei creditori; necessità dell’autorizzazione del giudice delegato per agire o resistere in giudizio, salvo alcuni casi; divieto per il curatore di assumere la veste di avvocato nei giudizi che riguardano la liquidazione giudiziale). Per tale divieto tuttavia l’art. 128 com. 3 introduce una significativa integrazione, con la seguente previsione: “il curatore può tuttavia assumere la veste di difensore, se in possesso della necessaria qualifica, nei giudizi avanti al giudice tributario quando ciò è funzionale ad un risparmio per la massa”; eccezione alla regola generale giustificata nella Relazione al d.lgs. n. 14 del 2019 con il fatto che si tratta di giudizi per i quali è importante una compiuta conoscenza della situazione contabile e delle vicende occorse.

Dunque si è inteso valorizzare il patrimonio di conoscenza che il curatore ha nell’esercizio della sua funzione, in ordine alla situazione contabile, economica e fiscale dell’imprenditore, sul presupposto che, solitamente, nessuno meglio del curatore è in grado di fornire in giudizio gli elementi necessari ad una corretta gestione del contenzioso tributario.

Ciò che appare meno chiaro è come e in quale sede vada compiuta la valutazione circa il fatto che, nel caso concreto, l’assunzione della veste di difensore da parte del curatore sia “funzionale ad un risparmio della massa”.

È ragionevole ritenere che il curatore che intenda assumere tale veste debba presentare una preventiva richiesta di autorizzazione al giudice delegato, documentando (o, quantomeno, dichiarando) il possesso della necessaria qualifica e illustrando i motivi della scelta.

Resta tuttavia complicato stabilire quando la scelta possa essere considerata funzionale ad un risparmio della massa, anche perché per valutare tale aspetto bisogna anzitutto stabilire se e con quali parametri la prestazione professionale svolta dal curatore in qualità di difensore debba essere remunerata, non avendo il legislatore espressamente disciplinato tale aspetto.

Se al curatore spettasse un compenso da liquidarsi “autonomamente” in base ai parametri dettati dalle vigenti tariffe professionali, un risparmio per la massa appare inconfigurabile, quantomeno in astratto e salva una preventiva “autolimitazione” del compenso da parte del curatore al di sotto dell’importo minimo liquidabile con i suddetti parametri.

Dovrebbe allora ipotizzarsi, in alternativa, che il curatore debba “accontentarsi” di un aumento del suo compenso finale liquidato dal Tribunale ai sensi dell’art. 137 (corrispondente all’odierno art. 39 L.F.), ma una tale soluzione, oltre ad apparire eccessivamente penalizzante nei confronti del curatore (disincentivandolo all’assunzione della difesa nei giudizi tributari), si scontra con la difficoltà di individuare parametri obiettivi per un siffatto aumento, tenuto conto, tra l’altro, del fatto che il compenso del curatore è ancorato dal D.M. 30/2012 a percentuali da applicarsi sull’attivo e il passivo fallimentare, e che, in ogni caso, non potrebbe superarsi l’importo massimo previsto da tali percentuali.

Un’importante novità introdotta nella diposizione che riproduce parzialmente l’art. 31 L.F. è la previsione che la nomina dei difensori spetti al curatore: in precedenza, la nomina dei legali che rappresentavano la procedura fallimentare nei giudizi civili, penali, tributari o amministrativi era autorizzata dal giudice delegato, su proposta del curatore.

Anche tale novità conferma la scelta operata dal legislatore con il Codice della Crisi d’impresa e dell’Insolvenza, finalizzata ad accrescere l’autonomia e la responsabilità del curatore, oltre a velocizzare la procedura.

COMUNICAZIONI DEL CURATORE E DOMICILIO DIGITALE

Il domicilio digitale è definito alla lett. s) dell’art. 2 quale “il domicilio di cui all’articolo 1, comma 1, lettera n-ter) del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82”, ossia “un indirizzo elettronico eletto presso un servizio di posta elettronica certificata o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato, come definito dal regolamento (UE) 23 luglio 2014 n. 910 del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno e che abroga la direttiva 1999/93/CE, di seguito ‘Regolamento dei DAS’, valido ai fini delle comunicazioni elettroniche aventi valore legale”.

Il disposto dell’art. 31 bis L.F., rubricato comunicazioni al curatore, si rinviene nella più articolata disciplina dell’art. 10 rubricato “comunicazioni telematiche”, disposizione che viene ripresa in modo amplificato con maggiori dettagli al primo comma, per il quale:” Le comunicazioni poste a carico degli organi di gestione, controllo o assistenza delle procedure disciplinate dal presente codice sono effettuate con modalità telematiche al domicilio digitale risultante dall’Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC) delle imprese e dei professionisti, quando i destinatari hanno l’obbligo di munirsene”.

Il curatore deve nell’immediato ricercare il domicilio digitale (indirizzo PEC), per indirizzare le comunicazioni, tra cui l’avviso di cui all’art. 200 (corrispondente all’art. 92 L.F.).

Particolarmente rilevante è l’inciso della norma che limita le comunicazioni al domicilio digitale dei destinatari che hanno l’obbligo di munirsi di tale domicilio (imprenditori, professionisti, con sede in Italia), poiché questo porta ulteriori incombenze a carico del curatore.

Il com. 2 dell’art. 10 dispone che questi deve attivare, dandone tempestiva comunicazione agli interessati, un domicilio digitale, da utilizzare esclusivamente per le comunicazioni inerenti alla procedura:

– ai creditori e ai titolari di diritti sui beni che non hanno l’obbligo di munirsene (inteso il domicilio digitale);

– ai soggetti che hanno sede o risiedono all’estero, a meno che non abbiano un rappresentante in Italia, posto che il secondo comma dell’art. 200 (corrispondente all’attuale art. 92) prevede che: “se il creditore ha la sede o risiede all’estero, la comunicazione può essere effettuata al suo rappresentante in Italia, se esistente”;

al debitore e al legale rappresentante della società o ente sottoposti a una delle procedure disciplinate dal presente codice.

Con la precisazione contenuta nel com. 6, che le spese di attivazione dei domicili digitali ai soggetti sopra indicati sono a carico della massa.

In sintesi il nuovo sistema include:

ai soggetti che hanno l’obbligo di fornirsi di un domicilio digitale, le comunicazioni vanno fatte presso l’indirizzo risultante dall’INI PEC delle imprese e dei professionisti, che il curatore è tenuto, quindi, a consultare e, in mancanza di tale indirizzo, “esclusivamente” in Cancelleria;

per gli altri soggetti, non obbligati a munirsi di una PEC, è il curatore che deve attribuire un domicilio digitale, utilizzabile soltanto per le comunicazioni con il debitore, e solo in caso di mancata consegna del messaggio elettronico per cause imputabili al destinatario, le comunicazioni vanno effettuate esclusivamente mediante deposito in Cancelleria.

Il com. 3 dell’art. 31 bis L.F. che disciplinava la conservazione dei messaggi elettronici inviati e ricevuti è ripreso integralmente dal com. 4 dell’art. 10 a mente del quale: “Per tutta la durata della procedura e per i due anni successivi alla relativa chiusura, gli organi di cui al comma 1 sono tenuti a conservare i messaggi elettronici inviati e ricevuti”.


ESERCIZIO DELLE ATTRIBUZIONI

L’art. 32 L.F. rubricato “esercizio delle attribuzioni del curatore” trova corrispondenza nell’art. 129 con analoga rubrica per cui viene confermato il principio dell’obbligo del curatore di esercitare personalmente le funzioni, con possibilità di delegare ad altri specifiche operazioni e di farsi coadiuvare da tecnici nella sua attività.

Allo scopo di garantire maggior efficienza e celerità alla procedura, l’art. 49 co. 3 prevede la possibilità di nominare con la sentenza che apre la procedura di liquidazione giudiziale uno o più esperti per l’esecuzione dei compiti specifici in luogo del curatore.

Oltre a ciò, il Curatore può ricorrere a due figure con l’autorizzazione del comitato dei creditori, ovvero il delegato e il coadiutore.

Il delegato svolge funzioni proprie del curatore in luogo del medesimo (es. operazioni di inventario). Tuttavia alcune operazioni non possono essere delegate, in quanto di particolare rilievo: si tratta della formazione degli elenchi dei creditori e dei titolari di diritti immobiliari e mobiliari e redazione del bilancio (art. 198); comunicazione dell’avviso ai creditori e agli interessati delle notizie relative alla formazione del progetto di stato passivo (art. 203); comunicazione dell’esito del procedimento di accertamento del passivo (art. 209); redazione del programma di liquidazione (art. 213).

Il Coadiutore è invece un soggetto che affianca il curatore nell’esercizio delle sue funzioni quando è

richiesto l’apporto di conoscenze che il curatore non è tenuto ad avere (es. assistenza in operazioni di inventario concernenti cose la cui utilità in vista della liquidazione è apprezzabile solo da tecnici).

Mentre la valutazione del compenso del delegato incide sul totale del compenso del curatore, il compenso dell’esperto è a carico della massa e nella determinazione del compenso del curatore e dell’esperto debbono essere seguiti criteri di proporzionalità in rapporto all’intera massa attiva e passiva.

Il legislatore nulla ha indicato in ordine alla prassi sempre più seguita dai Tribunali, per quanto concerne la figura del commissario giudiziale nel concordato, di nominare un collegio di professionisti in luogo del singolo commissario o curatore previsto dalla lettera della legge.

La Relazione governativa precisa all’art. 49 che “Si tratta di un accorgimento che dovrebbe garantire maggiore efficienza e celerità alla procedura, ad esempio consentendo di affiancare al curatore un professionista che si occupi della liquidazione di determinati beni fin dalla fase iniziale della procedura o dell’esercizio provvisorio dell’impresa, consentendo al curatore di concentrarsi sull’attività di analisi dei crediti in vista della redazione del progetto di stato passivo, ove particolarmente complesso”.


RELAZIONE AL GIUDICE DELEGATO E RAPPORTI RIEPILOGATIVI

L’art. 130 rubricato “relazioni e rapporti riepilogativi” simmetrico al previgente art. 33 L.F – rubricato “relazione al giudice e rapporti riepilogativi” – si segnala essenzialmente alla stregua della più compiuta scansione, cronologica e contenutistica, delle informazioni cui l’organo gestorio della liquidazione, al di là dei rapporti riepilogativi che avrà nel prosieguo della procedura da presentare, ha da attendere inizialmente.

È statuito al com. 1 che entro trenta giorni dalla dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale, il curatore provveda a presentare al giudice delegato un’informativa in ordine agli accertamenti compiuti ed alle informazioni acquisite circa le cause dell’insolvenza e la responsabilità del debitore persona fisica ovvero degli organi di gestione e controllo della società (ciò al palese scopo di sancire ex lege l’esigenza di rendere repentinamente edotto il giudice delegato).

Risulta in tal modo riformulata la previsione della seconda parte del comma 2 dell’art. 33 L.F a tenor della quale “il giudice delegato può chiedere al curatore una relazione sommaria anche prima della scadenza del termine suddetto”, ossia del termine di sessanta giorni dalla dichiarazione di fallimento.

Al com. 2 dell’art. 130, se l’imprenditore persona fisica ovvero se gli amministratori dell’imprenditore societario non hanno provveduto, giusta il disposto dell’art. 49, comma 3, lett. c), al deposito dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatorie, il curatore informa senza indugio il pubblico ministero ai fini della responsabilità penale, per bancarotta, ex art. 322 e ss., suscettibile di configurarsi in simile evenienza.

In tal caso, se le scritture contabili sono incomplete o inattendibili il curatore in forza del secondo comma, “con riguardo alle operazioni compiute dal debitore nei cinque anni anteriori alla presentazione della domanda cui sia seguita l’apertura della liquidazione giudiziale, oltre alle ricerche effettuate ai sensi dell’art. 49 co. 3 lett. f), può chiedere al giudice delegato di essere autorizzato ad accedere a banche dati ulteriori rispetto a quelle di cui all’art. 49 e specificatamente indicate nell’istanza di autorizzazione” ed inoltre, in forza del com. 3, può essere autorizzato dal giudice delegato “a richiedere alle pubbliche amministrazioni le informazioni e i documenti in loro possesso”.

Detti poteri si aggiungono a quelli già previsti dall’art. 49 com. 3 lettera f) (come già anticipato), per il quale, con sentenza che dispone l’apertura della liquidazione giudiziale, il Tribunale autorizza espressamente il curatore con le modalità di cui agli artt. 155 quinquies e 155 sexies delle disposizioni di attuazione del c.p.c.:

– ad accedere alle banche dati dell’anagrafe tributaria e dell‘archivio dei rapporti finanziari;

– ad accedere gratuitamente alla banca dati degli atti assoggettati a imposta di registro e ad estrarre copia degli stessi;

– ad acquisire l’elenco dei clienti e l’elenco dei fornitori di cui all’articolo 21 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla L. 30 luglio 2010, n. 122 e successive modificazioni;

– ad acquisire la documentazione contabile in possesso delle banche e degli altri intermediari finanziari relativa ai rapporti con l’impresa debitrice, anche se estinti;

– acquisire le schede contabili dei fornitori e dei clienti relative ai rapporti con l’impresa debitrice.

La relazione particolareggiata che, ai sensi del comma 1 dell’art. 33 L.F., il curatore deve rimettere al giudice delegato entro sessanta giorni dalla dichiarazione di fallimento, è ora rinvenibile nella disposizione di cui al com. 4 dell’art. 130, ove però si stabilisce che il curatore deve presentare la relazione particolareggiata entro sessanta giorni dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo.

Qualora l’accertamento del passivo non abbia avuto luogo, la relazione particolareggiata va depositata entro il termine di centottanta giorni dalla dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale (art. 130 com. 6).

Entrambe le relazioni vanno trasmesse in copia al P.M. entro 5 giorni dal deposito e, a tutela della segretezza delle indagini penali, il giudice delegato può disporre la segretazione delle parti della relazione che contengono informazioni riguardanti responsabilità penale del debitore, degli amministratori, degli organi di controllo e di terzi, nonché a tutela della riservatezza del debitore, le circostanze irrilevanti ai fini della procedura che attengono alla sua sfera personale.

Pertanto il dettato del comma 4 dell’art. 33 L.F. – concernente la secretazione e la trasmissione di copia della relazione particolareggiata al pubblico ministero – è riprodotto ai commi 7 e 8 dell’art. 130.

Il dettato del comma 5 dell’art. 33 L.F. – concernente la presentazione dei rapporti riepilogativi – è sostanzialmente trasfuso nel com. 9 dell’art. 130 con alcune novità:

a) la periodicità dei rapporti non è più semestrale, ma è più articolata in quanto il primo rapporto va presentato entro 4 mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo e i successivi ogni sei mesi; pertanto, dopo l’esecutività dello stato passivo il curatore deve presentare entro sessanta giorni la seconda relazione ed entro 4 mesi il primo rapporto che, quindi, segue di circa due mesi la relazione. Dalla data di scadenza dei 4 mesi, incominciano a decorrere i semestri che segnano la successiva periodicità di presentazione dei rapporti.

b) Si rammenta che detti rapporti devono contenere informazioni raccolte dopo le precedenti relazioni e devono essere accompagnate dal conto della gestione; la nuova norma aggiunge che essi devono prodotti anche gli estratti del conto bancario e postale della procedura relativi agli stessi periodi, in modo da rendere più efficiente il controllo degli altri organi;

c) i rapporti, come le relazioni vanno presentati al giudice delegato;

d) relativamente alla tempistica successiva alla presentazione dei rapporti, devono essere trasmessi al comitato dei creditori, il quale (nel suo insieme come ciascuno dei suoi componenti) può formulare osservazioni scritte; nei successivi quindici giorni copia del rapporto, assieme alle eventuali osservazioni, omesse le parti secretate, è trasmessa per mezzo della posta elettronica certificata al debitore, ai creditori e ai titolari di diritti sui beni.

Risulta espunto l’onere di trasmissione dei rapporti riepilogativi all’ufficio del Registro Delle Imprese.


DEPOSITO DELLE SOMME RISCOSSE

Il contenuto dell’art. 34 L.F. è sostanzialmente ripreso nell’art. 131, con la stessa rubrica – “deposito delle somme riscosse -.

I primi due commi dell’art. 34 L.F. sono stati trasfusi nei corrispondenti commi dell’art. 131, per cui nulla è cambiato con riguardo alla scelta della banca o dell’ufficio postale in cui aprire un conto corrente intestato alla procedura, attribuita al curatore, alle modalità e ai tempi dei depositi delle somme di denaro e all’eventuale sanzione per i ritardi nei versamenti.

Le modifiche attengono invece alla modalità dei prelievi.

Per quanto concerne la modalità del prelievo, si statuisce che il mandato sarà sottoscritto dal giudice delegato e dal cancelliere con firma digitale e sarà trasmesso telematicamente al depositario, nel pieno rispetto delle disposizioni, anche regolamentari relative alla sottoscrizione, trasmissione, e alla ricezione dei documenti informatici.

È stata rimessa al responsabile dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della Giustizia l’adozione del provvedimento attestante la piena funzionalità dei sistemi di redazione e trasmissione telematica.

INTEGRAZIONE DEI POTERI DEL CURATORE

L’art. 35 L.F. e l’art. 132, entrambi rubricati – “integrazione dei poteri del curatore” – risultano esattamente sovrapponibili con riguardo al compimento di atti di ordinari e straordinari.

Il principio generale affermato dalla disposizione è quello secondo cui gli atti di straordinaria amministrazione possono essere compiuti dal curatore solo in esito ad autorizzazione del comitato dei creditori, in ossequio all’impostazione della disciplina della liquidazione giudiziale, secondo la quale l’amministrazione del patrimonio è affidata al curatore fallimentare con la necessaria interlocuzione, in taluni casi, dell’organo rappresentativo dei creditori.

Non viene enucleata una definizione di straordinaria amministrazione, peraltro dalla prevalente opinione identificata con gli atti che producono o possono produrre una diminuzione della consistenza e qualità del patrimonio o un rischio di diminuzione, ma ne viene fornita un’esemplificazione: le riduzioni di crediti, le transazioni, i compromessi, le rinunzie alle liti, le ricognizioni di diritti di terzi, la cancellazione di ipoteche, la restituzione di pegni, lo svincolo delle cauzioni, l’accettazione di eredità e donazioni.

Nella richiesta di autorizzazione il curatore espone al comitato dei creditori anche le sue considerazioni sulla convenienza della proposta.

Per consentire al giudice delegato l’esercizio delle sue funzioni di vigilanza, per le richieste che concernono atti di maggior valore o comunque che implicano valutazioni anche giuridiche, il curatore deve avvisare preventivamente il giudice delegato se il valore degli atti da autorizzare da parte del comitato eccede gli € 50.000 o se si tratti di transazioni, qualunque ne sia il valore.

La comunicazione non è richiesta se il giudice ha già autorizzato detti atti in quanto proposti in esecuzione del programma di liquidazione.


RECLAMO CONTRO GLI ATTI E LE OMISSIONI DL CURATORE

L’art. 133reclamo contro gli atti e le omissioni del curatore” disciplina solo il reclamo avverso gli atti e le omissioni del curatore e non più, come nel corrispondente art. 36 L.F. anche i reclami contro gli atti e le omissioni del comitato dei creditori, che vengono contemplati nell’autonoma norma di cui all’art. 141.

La normativa è rimasta immutata con riguardo ai soggetti legittimati a proporre reclamo, ai termini per proporlo e ai motivi, limitati alla violazione di legge.

La legittimazione a proporlo, esplicita l’art. 133, compete al debitore, al comitato dei creditori e a ogni altro interessato.

Il reclamo deve essere presentato con ricorso al giudice delegato, entro il termine perentorio di otto giorni dalla conoscenza dell’atto.

Se oggetto del reclamo è una condotta omissiva, deve essere inviata al curatore una diffida ad adempiere, contenente l’indicazione di un termine entro il quale provvedere e il reclamo deve essere presentato entro otto giorni dalla scadenza di detto termine.

Il reclamo può essere proposto solo per violazione di legge, con esclusione, dunque, del sindacato di merito.

Il procedimento è deformalizzato, salvo il rispetto del contraddittorio, e la decisione del giudice delegato deve intervenire entro quindici giorni dal deposito del ricorso.

L’accoglimento del reclamo obbliga il curatore ad uniformarsi al decisum. Così il dettato – “se il reclamo è accolto, il curatore deve conformarsi alla decisione del giudice delegato” – del comma 2 dell’art. 133.

La disposizione del comma 3 dell’art. 133 – “contro il decreto del giudice delegato può essere proposto il reclamo previsto dall’articolo 124” – innesta evidentemente nel tronco “del reclamo contro i decreti del giudice delegato e del tribunale” l’impugnazione del decreto del giudice delegato.

È tuttavia da escludere che l’iter procedimentale di cui al reclamo ex art. 124 apra il varco all’esperibilità del reclamo alla Corte D’Appello avverso il decreto del Tribunale. Altrimenti l’incidente cognitivo che ha avuto origine col reclamo al giudice delegato avverso l’atto gestorio, commissivo od omissivo, del curatore, potrebbe, addirittura, svilupparsi in triplice grado.



REVOCA DEL CURATORE

L’art. 134 riproduce l’art. 37 L.F. rubricati entrambi “revoca del curatore”.

Fatti salvi i casi in cui la revoca è prevista espressamente per specifiche inadempienze (ad es., l’art. 131), l’art. 134 prevede in generale tale sanzione, applicabile quindi a casi di scarsa diligenza e solerzia oppure per reiterate violazioni ad obblighi che, singolarmente considerate, non giustificherebbero un drastico provvedimento.

Legittimati all’iniziativa sono il giudice delegato ed il comitato dei creditori; il Tribunale, come già nella legislazione vigente, può procedere anche d’ufficio.

Il procedimento è conforme a quello disciplinato dall’art. 37 L.F.

Contro il provvedimento nel merito di revoca o di rigetto della relativa istanza è ammesso reclamo alla Corte D’Appello con il procedimento di cui all’art. 124 ma l’impugnazione non sospende l’efficacia del decreto.


SOSPENSIONE DEI TERMINI FERIALI

All’art. 36 bis L.F. si prevede che: “Tutti i termini processuali previsti negli art. 26 e 36 non sono soggetti alla sospensione feriale”: da ciò può dedursi che i termini non riguardanti i procedimenti ex artt. 26 e 36 L.F. (reclamo contro i decreti del G.D. e del tribunale e reclamo contro gli atti del curatore e del comitato dei creditori) siano invece soggetti alla sospensione feriale.

Nel CCII è stata introdotta una norma di carattere generale, contenuta al com. 1 dell’art. 9, che dispone in modo più adeguato che: “La sospensione feriale dei termini di cui all’art. 1 L.7 ottobre 1969 n. 742 NON si applica ai procedimenti disciplinati dal presente codice, salvo che esso non disponga diversamente”.


SOSTITUZIONE DEL CURATORE

L’art. 37 bis L.F. si rispecchia nell’art. 135, limitatamente alla “sostituzione del curatore”.

La richiesta di sostituzione non è più esplicitamente correlata alla conclusione “dell’adunanza per l’esame dello stato passivo e prima della dichiarazione di esecutività dello stesso” (art. 37 bis, co. L. F.).

Alla richiesta di sostituzione sono legittimati i creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi, che devono indicare le ragioni della richiesta.

Da ciò si evince che ora la sostituzione può essere richiesta dopo la dichiarazione di esecutività dello stato passivo perché questo provvedimento definisce i crediti ammessi e, in mancanza di un termine finale, fino al termine della procedura.

Inevitabilmente la prerogativa de qua postula che il giudice delegato abbia terminato l’esame di tutte le domande ed abbia, ai sensi dell’art. 204 com. 4, formato lo stato passivo e lo abbia reso esecutivo con decreto depositato in cancelleria.

Se il Tribunale ritiene di accogliere la richiesta a seguito di valutazione delle ragioni, “provvede alla nomina del nuovo curatore” in piena autonomia e non più alla nomina di un soggetto indicato dai creditori, come nella norma previgente.

Il comma 2 dell’art. 135 introduce una novità circa la legittimazione a chiedere la revoca del curatore: il debitore e i creditori ammessi (questi quindi a prescindere dalla percentuale di credito, anche il singolo creditore) possono chiedere la sostituzione del curatore al fine di evitare conflitti d’interessi. La richiesta è quindi subordinata all’indicazione di ragioni che riguardino un possibile conflitto d’interessi sotteso alla persona del curatore nominato. Il tribunale, ai fini della decisione, oltre a valutare le ragioni della richiesta, dovrà verificare anche l’assenza di un conflitto d’interessi in capo ai creditori istanti.


RESPONSABILITÀ DEL CURATORE

All’art. 136 rubricato, al pari dell’art. 38 L.F. “responsabilità del curatore”, si ravvisano alcune novità di rilievo esplicativo – operativo.

Il curatore “adempie ai doveri del proprio ufficio, imposti dalla legge o derivanti dal programma di liquidazione approvato, con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico”.

La diligenza che può pretendersi dallo stesso che deve adempiere ai doveri del proprio ufficio con la “diligenza richiesta dalla natura dell’incarico” è la stessa che il c.c. richiede agli amministratori di S.p.A. per i quali l’art. 2392 c.c. prevede che: “devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze”.

Trattasi di una competenza particolare, in quanto non generica ma qualificata, tenuto conto della complessità del ruolo e delle competenze tecniche richieste.

La norma impone come obbligo la tenuta di registri informatici con apposizione mensile della marca temporale.

Il registro che il curatore dovrà tenere (nel quale dovrà annotare giorno per giorno le operazioni relative alla sua amministrazione) sarà “informatico”, consultabile telematicamente oltre che dal giudice delegato, da ciascuno dei componenti del comitato dei creditori” (non sono più consentiti i registri cartacei).

Al fine di garantire la compatibilità tra i software utilizzati per la tenuta di tale registro con i sistemi informativi del Ministero della Giustizia il com. 6 dell’art.136 precisa che: “Il responsabile dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente codice, stabilisce le specifiche tecniche necessarie”.

È esplicitato, al comma 2 dell’art. 136 che “il curatore procede alle operazioni di liquidazione contemporaneamente alle operazioni di accertamento del passivo”.

La proposizione da parte del nuovo curatore dell’azione di responsabilità nei confronti del curatore revocato o sostituito, ai sensi del com. 3 dell’art. 136, dovrà soggiacere unicamente alla previa autorizzazione del giudice delegato.

È stata quindi espunta la previa autorizzazione del comitato dei creditori prevista in via concorrente dal comma 2 dell’art. 38 L.F.

Inoltre, è esplicitato, al com. 4 dell’art. 136, che il conto della gestione che il curatore che cessa dal

suo ufficio, pur nel corso della procedura di liquidazione, deve rendere, deve essere comunicato anche al curatore nominato, il quale può presentare osservazioni e contestazioni.


COMPENSO DEL CURATORE

Il testo dell’art. 137 rubricato “compenso del curatore” è simmetrico all’art. 39 L.F.

Al comma 2 si prevede che “al curatore è dovuta anche un’integrazione del compenso per l’attività svolta fino al termine dei giudizi e delle altre operazioni di cui all’articolo 233, comma 2”.

Il passaggio normativo è da correlare per un verso alla previsione dell’art. 234, comma 1, alla cui stregua permane, nonostante la chiusura della procedura di liquidazione giudiziale, la legitimatio ad processum del curatore in rapporto ai giudizi ed ai procedimenti esecutivi pendenti al dì della chiusura; per altro verso, alla previsione dell’art. 233, comma 2 e segnatamente alle prerogative di cui il curatore è investito in ipotesi di chiusura e successivamente alla chiusura della procedura di liquidazione giudiziale di società di capitali.

Al comma 2 si prevede che è “in facoltà del tribunale accordare al curatore acconti sul compenso”; tuttavia si soggiunge che, “salvo che non ricorrano giustificati motivi, ogni liquidazione di acconto deve essere preceduta dalla esecuzione di un progetto di ripartizione parziale”.

Il com. 5 dispone che agli esperti nominati con la sentenza che dichiara aperta la procedura di liquidazione giudiziale, ai fini dell’esecuzione di specifici compiti in luogo del curatore (contestualmente nominato), si applica il disposto del com. 3, ovvero il principio per cui “se nell’incarico si sono succeduti più curatori, il compenso è stabilito secondo criteri di proporzionalità ed è liquidato, in ogni caso, al termine della procedura, salvi eventuali acconti”.



NOVITÀ RELATIVE AL COMITATO DEI CREDITORI

Anche per quanto concerne il comitato dei creditori la disciplina di legge non è stata sensibilmente modificata, al di là della riscrittura o del riposizionamento di alcune norme.

L’art. 40 L.F. denominato “nomina del comitato” è riflesso nell’art. 138 rubricato “nomina del comitato dei creditori”.

Il comma 1 dell’art. 138 prefigura in maniera più fluida l’iter attraverso il quale si esplica la potestas del giudice delegato di nomina dei membri del comitato.

Impregiudicata l’acquisizione del parere (obbligatorio e non vincolante) del curatore, è stata convenientemente espunta la necessità di acquisizione del parere (obbligatorio e non vincolante) dei creditori “che, con la domanda di ammissione al passivo o precedentemente, hanno dato la disponibilità ad assumere l’incarico ovvero hanno segnalato altri nominativi aventi i requisiti previsti(art. 40, comma 1, L.F.).

Il giudice delegato dovrà quindi, sulla base delle risultanze documentali, tener conto della disponibilità ad assumere l’incarico e delle indicazioni eventualmente date dai creditori che hanno domandato l’ammissione al passivo.

Il com. 5 dell’art. 138 opportunamente esplicita che il comitato dei creditori si considera costituito con l’accettazione della nomina da parte dei suoi componenti, comunicata al curatore, il quale, a sua volta, ne informa immediatamente il giudice delegato.

Il momento in cui ritualmente si compie la costituzione dell’organo esponenziale del ceto creditorio, precede il momento della nomina del presidente e della eventuale sostituzione dei suoi membri.

Il com. 7 dispone che ciascun membro del comitato è abilitato a delegare a sue spese, in tutto o in parte, l’espletamento delle sue funzioni a un avvocato o a un dottore commercialista.

L’art. 139 rubricato “sostituzione e compenso dei componenti del comitato dei creditori” riproduce parzialmente le previsioni dell’art. 37 bis L.F. concernenti la sostituzione dei componenti del comitato dei creditori ed il compenso a costoro dovuto.

Vi è simmetria quasi perfetta tra l’art. 41 L.F. rubricato “funzioni del comitato” e l’art. 140 rubricato “funzioni e responsabilità del comitato del comitato dei creditori e dei suoi componenti”.

Al com. 5 dell’art. 140 si è opportunamente soggiunto che in ipotesi di inerzia, di impossibilità di costituzione o di funzionamento del comitato ovvero di urgenza, il potere di ispezionare le scritture contabili ed i documenti nonché la facoltà di richiedere notizie e chiarimenti possono essere esercitate, oltre che dal comitato, anche da ciascun creditore, previa autorizzazione del giudice delegato.

NOVITÀ RELATIVE AL TRIBUNALE ED AL GIUDICE DELEGATO

L’art. 23 L.F. rubricato “poteri del tribunale fallimentare” trova corrispondenza nell’art. 122, rubricato “poteri del tribunale concorsuale”.

L’art. 24 L.F. rubricato “competenza del tribunale fallimentare” rinviene espressione nell’art. 32 rubricato “competenza sulle azioni che derivano dall’apertura delle procedure di liquidazione”.

L’art. 25 L.F., rubricato “poteri del giudice delegato” è riflesso nell’art. 123 con identica rubrica.

Ai fini dell’evidenziazione delle novità connesse alla funzione del curatore nell’ambito della liquidazione giudiziale, va infine segnalata la previsione, al comma 1 dell’art. 123, lett. i), la disposizione a tenor della quale il g.d., “quando ne ravvisa l’opportunità, dispone che il curatore presenti relazioni ulteriori rispetto a quelle previste dall’articolo 130, prescrivendone le modalità”.



Grazie per l’attenzione.

Avv.ti Elena Ceserani e Serena Rovelli






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